Perché la politica italiana è succube dei mercati finanziari

Politica e finanza sono molto più connesse di quanto si pensi. Non dovrebbe essere così, perché una politica seria dovrebbe essere indipendente dai movimenti finanziari e pensare al bene del Paese: ma negli ultimi mesi abbiamo visto come i media hanno dato risalto ai movimenti dei mercati, esacerbandoli, come se una forza politica dovesse muoversi sul filo delle decisioni dei trader o degli investimenti nei titoli di borsa. Sembra che si stia affermando quel concetto per il quale la politica deve essere al servizio della finanzia, e questo ovviamente è un punto grave. La politica infatti dovrebbe guardare al bene del Paese, mentre le speculazioni finanziarie non sono mai pensate per il bene del Paese, ma solamente degli investitori. 

Il grande spauracchio degli ultimi anni (e specie degli ultimi mesi) sembra essere lo spread. Fra titoli di Borsa ed azioni si è parlato molto dello spread, che consiste nella differenza fra il rendimento dei titoli di Stato italiani e tedeschi.

I titoli di Stato sono obbligazioni che un Paese emette per avere in cambio soldi da parte di un investitore, ed un rendimento al termine della scadenza. Tecnicamente se uno Stato sta bene, il rendimento sarà minore, perché ovviamente l’investitore non si preoccupa di investire in uno Stato ‘a rischio’. Invece quando lo spread è alto, è perché è alto il rendimento che lo Stato paga all’investitore nell’acquisto dei suoi rischiosi titoli di Stato.  

Ma l’Italia è davvero un Paese poco sicuro dove lo spread schizza alle stelle? O si tratta piuttosto di una delegittimazione della forza politica compiuta per mezzo dei mercati? Lo spread così diventa uno strumento di ricatto: se operi certe politiche, se fai certe affermazioni allora io considero il tuo Paese pericoloso, lo spread si alza, gli investitori non acquistano più titoli di Stato. Lo spread è un indicatore da tenere in considerazione, ma non bisognerebbe cadere nel terrorismo psicologico come hanno fatto i media. Ecco in che modo (anche) la finanzia tiene in scacco la politica: per mezzo del terrorismo psicologico, amplificato dai media, che fa preso sui cittadini. 

O si pensi al dibattito politico sul debito pubblico: uno Stato si deve indebitare per investire nel settore pubblico, costruire ospedali, scuole, ponti ed infrastrutture. Ma se lo Stato è costretto a tagliare per l’incubo di sforare il rapporto deficit PIL, allora taglierà sulla sanità pubblica, sulle scuole, sulle infrastrutture, solo per contenere il terrore del debito pubblico. Il risultato politico di questo modus operandi è sotto gli occhi di tutti. L’Italia sembra essere particolarmente succube della scienza fredda delle finanze, che è tutto tranne che perfetta – come gli investimenti online – ma che negli ultimi anni, complici anche i media, si è mascherata di una sorta di impossibilità di critica che è davvero pericolosa. Specialmente se la finanza limita le scelte politiche di uno Stato. 

Soprattutto, la finanza, i titoli di Borsa, le azioni, gli investimenti online non possono comportare il sacrificio del diritto al lavoro, alla salute ed al benessere della cittadinanza. La politica non dovrebbe mai cedere alla dittatura finanziaria, ma vederla per quello che è: uno strumento utile a misurare il benessere della Nazione e non un’arma di ricatto sotto la quale produrre tagli e sofferenza alla popolazione, ormai da anni, e senza una ripresa concreta che possa presentarsi all’orizzonte. 

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